Referenza fondativa – insieme con Il Tralcio – del nostro progetto Le Radici, cui obiettivo è quello di esplorare i territori di contaminazione tra il mondo brassicolo e quello vinicolo, la Birrasanta, esprime questa sua missione fin dal nome. Il quale si allude, evidentemente, a un’affinità con il profilo sensoriale di quello che, tra i “nettari di Bacco” vocati al dessert, è, qui in Toscana, il più tradizionale e il più diffusamente conosciuto: il Vin Santo.
Sotto il profilo della classificazione tipologica, la Birrasanta può avvicinarsi ad un Barleywine; il cui progetto, rispetto alla canonica versione britannica, è tuttavia personalizzato in senso enologico: in particolare ricalcando le orme dell’appena citato Vin Santo, sia in fase di lavorazione sia in termini di profilo sensoriale. Peraltro, la materia prima di partenza è interamente brassicola (ovvero un mosto di cereali), senza l’apporto di alcun ingrediente vitivinicolo: ma a garantire la duplice impronta genetica è il processo di preparazione, con la portata e la profondità delle sue ricadute sul piano organolettico, dovute in particolare (ma non solo) alla maturazione in botti. Un’ispirazione, questa, volutamente sottolineata nella grafica delle etichette: sulle quali spicca proprio la sagoma di un caratello.
Confezionata con tappo di sughero a raso (recante impresso il sigillo del FORTE), in bottiglie solo da 50 cl a loro volta racchiuse in scatole di cartone nero semilucido, la Birrasanta nasce da un mosto di malto d’orzo, integrato con zucchero e fermentato in tino d’acciaio.
Successivamente la massa liquida viene trasferita in botticelle, già utilizzate più volte per la produzione appunto di Vin Santo e contenenti la fondamentale presenza della “madre” ovvero quella coltura di microorganismi grazie ai quali, all’interno dei preziosi fusti, si svolge un affinamento ulteriormente fermentativo. Ovviamente, al termine del periodo di permanenza in legno (variabile in funzione degli effetti della maturazione, monitorata in corso), il risultato è quello di una forte perdita di carbonazione; e di una virata verso le eleganti unghiosità acetico-ossidative proprie di questo tipo d’invecchiamento.
Altrettanto evidente è come, potendo variare la durata della sua gestazione, il nostro Tuscan Barleywine non venga commercializzato con cadenza regolarmente annuale (ossia in “serie millesimate”): ogni edizione ha una sua storia specifica, sinteticamente raccontata sul collarino delle bottiglie. E per lo stesso motivo (la singolarità di ogni generazione di Birrasanta) le sue varie “tirature” hanno un nome diverso e distintivo: nome che ricalca quello di una delle tipologie di pietra i cui giacimenti hanno alimentato e alimentano l’attività estrattiva nell’area Versilia-Apuane. La versione d’esordio, lanciata nel 2018, ebbe il battesimo di Statuario, il marmo che è materia prima di base per il lavoro degli scultori; per la nuova uscita si è scelto l’appellativo di ARDESIA.
Frutto di una singola botte nella quale è rimasta per ben sette anni di invecchiamento, l’edizione Ardesia, sul banco d’assaggio, porta ad apprezzare anzitutto il suo austero e caldo colore bruno intenso, dall’aspetto pulito (nonché attraversato da bagliori mogano) e dalla superficie liscia, volutamente priva di schiuma. Passando dall’estetica al “naso”, la spinta aromatica (vigorosamente etilica, ma non tagliente) si orienta con piglio deciso verso direzioni liquoroso-ossidative: disegnando una cornice da Barleywine (calotta di dolce da forno, mandorla e amaretto, amarene sotto spirito, caramello, liquirizia e tabacco), entro la quale s’intrecciano marezzature da Sherry Amontillado (fichi disidratati, uva passa, miele di castagno) e screziature, più delicate, da aceto balsamico. Il tutto a preludio di un sorseggio esso stesso consapevolmente termico, scandito dall’incedere di un corpo sostanzioso e dolce ma senza collosità zuccherine, innervato da una dorsale dolce il cui spartito si incrocia con almeno due bilancianti variazioni sul tema: a centro bocca un’elegante e fresca affilatezza acidula; in chiusura una venatura amaricante e tannica (da cessioni legnose) che evoca impressioni officinali. Bicchiere consigliato lo snifter, il calice mignon da distillati.
SCHEDA
Birra nel corpo, vinsanto nello spirito
Questa birra ricalca in parte le orme del più noto tra i vini toscani da dessert. La maturazione della Birrasanta avviene in botti già utilizzate più volte per la produzione di vinsanto, contenenti la fondamentale presenza della “madre”. Al termine del periodo di permanenza in legno il risultato è un viraggio verso le eleganti note tipiche degli invecchiamenti.
Si presenta con un colore bruno bronzeo con bagliori mogano, liscia e priva di schiuma. Le componenti olfattive raccontano di un aroma incline a caratteri ossidativo-liquorosi; entro la quale s’intrecciano marezzature da Sherry Amontillado (fichi disidratati, uva passa, miele di castagno) e screziature, più delicate, da aceto balsamico.
L’assaggio è consapevolmente termico, scandito dall’incedere di un corpo sostanzioso e dolce ma senza collosità zuccherine, innervato da una dorsale dolce il cui spartito si incrocia con almeno due bilancianti variazioni sul tema: a centro bocca un’elegante e fresca affilatezza acidula; in chiusura una venatura amaricante e tannica (da cessioni legnose) che evoca impressioni officinali.
Accompagna egregiamente sapori forti come formaggi stagionati ed erborinati, ottima in abbinamento a dolci e pasticceria fino a raggiungere la sua lode nella meditazione al termine di un lauto pasto. Si consiglia il servizio nello snifter, il calice mignon da distillati, ad una temperatura compresa tra i 16°C e i 18°C
COLLARINO (800 CARATTERI)
Birra invecchiata in botti di vin santo contenenti la loro “madre”, nelle quali svolge un affinamento fermentativo; birra nel corpo, vin santo nello spirito.
L’Edizione Ardesia è frutto di una singola botte nella quale è rimasta per ben sette anni di invecchiamento. Di colore bruno con bagliori mogano, limpida e di superficie liscia. La spinta aromatica si orienta verso direzioni liquoroso-ossidative con note di amaretto, amarene, liquirizia, tabacco e delicati richiami all’aceto balsamico. L’assaggio è termico, scandito da un corpo sostanzioso e dolce. Accompagna egregiamente sapori forti come formaggi stagionati o erborinati, ottima con i dolci, raggiunge la sua lode nella meditazione al termine di un lauto pasto. Si consiglia il servizio nello snifter ad una temperatura di cantina