Esuberanti per definizione (in carica alcolica ed esplosività gustolfattiva generale), i “distillati” rappresentano, in sede d’abbinamento, uno tra in temi più accattivanti possibili.
In primo luogo, proprio perché richiedono una riflessione attenta e mai superficiale; non ci si può limitare infatti a giustapporre, nel rapporto tra piatto e bicchiere, la semplice “forza” dell’uno e quella dell’altro, senza indagare le rispettive caratteristiche qualitative: ad esempio, rischia di tradursi in una duplice detonazione cacofonica il “corpo a corpo” tra l’incisività etilica del sorso e la spiccata piccantezza di un boccone “caricato a pallettoni” con peperoncino. E tuttavia, una volta che ci si sia fatti carico delle accortezze richieste dal caso, i risultati che si possono ottenere, in termini di originalità e piacevolezza sono davvero sorprendenti: ed è appunto questa la seconda ragione (ma non secondaria!) per cui l’argomento in questione risulta così interessante.
Così, come potremmo astenerci dalla “prova di coraggio” del proporre un abbinamento (ponderato a dovere) con la nostra “Stilla Bianca”? Ma sì: specie col freddo invernale, il calore dei suoi 42 gradi è un’esplosività con cui ci si confronta anche volentieri. Dunque, anzitutto, un po’ di buona educazione: e facciamo le presentazioni…
La “Stilla” è un distillato di birra, che nasce attraverso la collaborazione (preziosa, impagabile) con il prestigioso marchio “Nannoni Grappe”, a Civitella Paganico (Grosseto). La sua gestazione prevede una permanenza di 12 mesi in barrique (provenienti dalla galassia “Frescobaldi”): botticelle d’impatto soffice, quanto a cessioni organolettiche. Si tratta infatti di legno d’acacia; e di fusti al loro secondo “passaggio”, cioè utilizzati dopo già essere stati applicati una prima volta come contenitori di maturazione: in particolare hanno, alle spalle, un ciclo d’affinamento su vini bianchi (essi stessi, per loro natura, tali lasciare tracce sensoriali più delicate a quelle proprie, mediamente, di un rosso). In questo modo si preserva e si valorizza il “respiro varietale” della materia prima: la birra; col risultato di ottenere una bevuta termica ma non arrogante, dotata anzi della capacità (grazie alla sua acidità fisiologica) di stimolare salivazione e garantire fresca irrorazione al palato; una bevuta ricca di valori odorosi, che interessano (tra l’altro) la vaniglia e il tabacco, la pasta di mandorle e la frutta sotto spirito (agrumi, ciliegie…). Proprio questo combinato di alcol e incentivo alla salivazione rende la Stilla adatta a fronteggiare materie grasse ponderose; mentre la sua incisività etilica, se può rischiare frizioni a contatto con l’amaro di un boccone, non teme il dialogo con anche spiccate sapidità; infine, la sua spinta odorosa merita di essere rispecchiata con altrettanta intensità, da parte del “morso”: magari intrecciando direzioni aromatiche analoghe, se non proprio identiche. E allora, traiamo le conclusioni. Andiamo in cerca di un alimento dotato di corazza lipidica; ad alta densità gustativa, senza che la sua eventuale salagione rappresenti un problema; e con un’olfattività ricca, meglio magari se provvista di sfumature anche fruttate.
Senza troppo dover spremere le meningi, ecco qua il candidato “ad hoc”: il Gorgonzola, formaggio sovrano in cremosità e piacevolezza! Ma certo: a tavola, accanto a una “regina” come la Stilla, non può sedersi se non un “re”…