Brace; ovvero brasa: in origine, nel germanico; ma anche (tal quale e ancor oggi), nei dialetti di numerosi territori del Settentrione italiano, ad esempio tra Emilia, Lombardia e Trentino.
È quella la scaturigine, la fonte etimologica, del brasato: specialità gastronomica – cucinata, anticamente, avvalendosi appunto del calore rilasciato da carboni ardenti – tra le più conosciute ed apprezzare del nostro catalogo nazionale; una notorietà, peraltro, del tutto meritata, trattandosi di un piatto saziante e straordinariamente ricco di gusto.
In sintesi, la prassi (l’elemento identificativo) è rappresentato dal trattamento di carni (caso più raro il pesce: ma non del tutto escluso) mediante cottura su un fondo costituito da due componenti liquide.
La prima è quella di una marinatura alla quale le carni in questione vengono sottoposte per alcune ore, restando a macerare, con spezie, immerse spesso in una sostanza alcolica (assai famosa è la versione al Barolo).
Il secondo liquido è quello rilasciato, sulla fiamma, dalle polpe stesse, manzo ad esempio: inizialmente facendone dorare le superfici con una breve rosolatura in un pentolino lubrificato ungendolo con un velo di burro; e poi tenendole sul fuoco per un’oretta buona (mentre si regola di sale), dopo aver aggiunto al tutto, appunto, la marinatura: alla quale contribuiscono spezie e aromi di vario genere, come carote, sedano, cipolle, aglio, rosmarino, alloro, chiodi di garofano, pepe, cannella.
Una ricetta, insomma, alla quale servono, alla fine pochi ma insostituibili ingredienti: la qualità delle materie prime; e la pazienza nel rispettare i tempi richiesti per fare un buon lavoro ai fornelli.
Osservando queste regole d’ingaggio porteremo in tavola un boccone di alta densità sensoriale; di morbida consistenza; di buona dotazione in grassi (ben bilanciati, però, dalla robusta massa proteica); di spiccata sapidità e aromaticità. Un profilo al quale può ben corrispondere, nel bicchiere, quello di una birra dalla personalità forte e composita come Il Tralcio, la Italian Grape Ale del Forte, prodotta unendo al mosto di malto d’orzo un pigiato di uve a bacca nera.
Una bevuta appagante e sfaccettata, meditativa ma pericolosamente agevole (il contatore etilico registra 10 gradi e mezzo); le cui speziature intercettano e riprendono quelle del piatto; il cui combinato di alcol, bollicina, acidità e lieve tannicità gestisce con efficacia la frazione lipidica del brasato; la cui condotta gustativa, priva di amaricature vere e proprie, evita qualsiasi urto con la salatura della pietanza.
Che aggiungere allora? Un suggerimento: utilizzare Il Tralcio anche per la preparazione della marinatura; e per il resto, buon appetito!