Il pranzo di Natale: spesso non (o non solo) una gioiosa occasione di ritrovo, ma una sfida di equilibrismi e, conseguentemente, una fonte di grattacapi. Perché, ad esempio, c’è da considerare la lista delle allergie, delle idiosincrasie e delle altre, possibili, forzate rinunce alimentari: il fratello intollerante al lattosio o alle mandorle, la zia che non sopporta i peperoni o il merluzzo, il coniuge a dieta (e per non farlo sentire escluso, ci s’ingegna di tarare “al ribasso” il saldo calorico della sarabanda).
E poi, una volta messi a posto tutti i tasselli, c’è da pensare a come annaffiare un menù: una bottiglia (vino o una birra cha sia) diversa per ogni portata o, invece, una capace di giocare il ruolo della bevuta “a tutto pasto”? Ecco, immaginiamo di aver risolto le questioni riguardanti il capitolo “ingredienti & C”; e di trovarci di fronte al bivio “numero due”: selezione di bevute, diverse piatto per piatto; oppure “calice unico”.
Ecco, parlando di birra, e volendo optare per la seconda scelta (meno facile, ma più pratica), qui al Forte ci sentiamo di poter dire che, nella manica, abbiamo un asso da calare.
Lei, “La Mancina”, la nostra etichetta-bandiera: piaciona, duttile, versatile al limite di un (virtuoso) trasformismo. Una Belgian Golden Strong Ale che, grazie ai suoi requisiti di adattabilità (a partire dalla gradazione, tarata a quota 7), si rivela in grado di rispondere a esigenze d’abbinamento assai variegate e divergenti. Ne volete la prova?
L’antipasto. Si tratti di un tagliere di salumi e formaggi o di un vassoio di crostini toscani, lo schema del corpo a corpo non cambia: il boccone presenta alta intensità gustolfattiva, elementi di grassezza e una tendenza spiccatamente sapida; la sorsata risponde con una densità sensoriale di pari livello, con precise funzioni di gestione della materia lipidica (alcol, bollicina) e con una consapevole dolcezza di fondo.
Si passa al “primo”: e qui “La Mancina” – per le stesse “meccaniche” appena viste in atto – tiene testa alla sapidità e alla materia grassa tanto di una lasagna al sugo di carne o al pesto, quanto di un tortellino in brodo; mentre, nel caso di un raviolo al branzino, sorprenderà la capacità, da parte della birra, con la sua acidità nascosta e la sua effervescenza, di alleggerire il cavo orale dai sentori ittici del pesce.
Arriva il turno della “ciccia”; un fronte su quale di nuovo, la nostra Strong Ale, con le sue abboccature, le sue tostature (pur leggere) e le sue olfattività speziate, è in grado di tessere un ricamo di corrispondenze positive nei confronti di connotati complementari (sapidità, crostificazioni, condimento con triti di piante aromatiche) riscontrabili in un arrosto di carni bianche (tacchino ad esempio), così come in una cernia al forno con patate e verdure. Infine il dessert: consistenza zuccherina, note mielate, da frutta secca, da calotta di dolce al forno e da agrumi canditi sono parte fondante del patrimonio organolettico della nostra birra; e sono qualità che incontrano armonicamente le propensioni analoghe rintracciabili sia (per dire) in un torrone morbido sia in un pandoro o in un panettone…
Buon pranzo di Natale, allora: e buona Mancina!