Qual è la massima espressione dell’ottimismo? Averlo dentro di sé, quando “tutto attorno diluvia a terra: anche le siepi e le nebbie, le giogaie e le nuvole”.
Una metafora che, nel nostro modo di “sentire”, calza a pennello sul profilo di una birra come l’American IPA. Una sorsata fresca di profumi ventosi e rigeneranti (la frutta esotica, gli agrumi, le resine boschive): fragranze la cui natura “arieggiante” dà la ricarica giusta per afferrare la certezza che la vita possa sempre cambiare; o essere cambiata; o che possa cambiare, come minimo, la prospettiva nella quale la s’inquadra e la si vive. E tutto ciò, a sua volta, costituisce un’ottica, una visione, in cui si cala alla perfezione il “senso dell’esistenza” che anima un romanzo – il primo di successo firmato da John Steinbeck, scrittore statunitense (1902-1968) tra i più noti del secolo scorso – come quello che porta il titolo di “Pian della Tortilla”. Un racconto nel quale, tra i protagonisti, ce n’è uno non riconducibile a figura umana: la povertà. La stessa che tornerà nei successivi capolavori dell’autore (“Furore”, “Uomini e topi”), ma che qui viene trattata con il senso di una leggerezza comica capace di ribaltare l’esperienza stessa del dramma e della tragedia. Le suggestioni che legano queste pagine al profilo delle American IPA sono molteplici; per dirne una, quella del riferimento territoriale: i luppoli che danno il profumo a birre di quel genere sono americani, alcuni specificamente della California.
E il libro è esattamente qui che ambienta la propria storia: a Monterey, cittadina il cui quartiere collinare di Tortilla Flat è abitato dagli ultimi discendenti dei primi californiani, quei “sanguemisti” (incroci di linfa spagnola, messicana, india e caucasica) chiamati “paisanos”. Una dimensione “dove città e foresta – dice lo stesso Steinbeck – si confondono, dove le strade sono ancora immuni di asfalto e le cantonate ignorano la servitù della luce elettrica”. Per di più, siamo negli anni della Grande Depressione (1929-35), quando la miseria imperversa, flagellando con ancor più asprezza le minoranze etniche socialmente marginalizzate. Eppure, proprio qui, c’è che gente che affronta i propri stenti con l’arma del surrealismo e del capovolgimento della logica corrente: un filtro grazie al quale la proprietà privata diventa un peso che fa perdere di vista le cose davvero importanti (l’allegria, gli amici, la condivisione); mentre, al contrario, la prigione (dietro le cui sbarre capita di finire a chi è incessantemente a caccia di qualche soldo da spendere in vino, a costo di arrischiarsi in espedienti, raggiri e piccoli furti) diventa un porto accettabile, dove smaltire sbornie, chiacchierare e avere un pasto regolare.
E quindi, il nostro suggerimento? Procurarsi in libreria Pian della Tortilla oppure ripescarlo dalla propria biblioteca. Aprirlo, mettersi a leggerlo o a rileggerlo; e farlo sorseggiando una bottiglia di Fior di Noppolo, la nostra America IPA con luppolo fresco. La birra in cui sta scritto “Cambiare vita è sempre possibile”...